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mercoledì 11 giugno 2014

Una pianta come lampada


A un anno dalla clamorosa campagna su Kickstarter per realizzare la pianta-lampadina, ecco il punto della situazione.
Il progetto per realizzare (e diffondere) una pianta bioluminescente sembra essere in dirittura d’arrivo. L’anno scorso, utilizzando una piattaforma di finanziamento aperta a chiunque lo desideri (la piattaforma web Kickstarter, appunto) un team legato alla Singularity University era riuscito ad assicurarsi i fondi necessari per il progetto (non senza polemiche).

In realtà, l’idea in sé non è nuova e il progetto si basa sostanzialmente su tecniche già note (pur con l'adozione di alcune tecnologie “d'avanguardia”).
L’idea è semplice: far produrre alla pianta (in questo caso, la pianta per così dire "star" dei laboratori di tutto il mondo, l’Arabidopsis thaliana. Per il futuro, il team ha in programma di passare alla rosa bioluminescente…), l’enzima luciferasi e il suo substrato, la luciferina, in modo da realizzare nelle piante lo stesso processo di emissione di luce che normalmente avviene nelle lucciole.

L’espressione di luciferasi in pianta è una tecnica ormai consolidata: ha quasi trent’anni. Come tecniche simili (tutte basate sul far esprimere ad un organismo qualcosa che si veda o si possa vedere – magari aggiungendo una particolare sostanza rivelatrice, come la luciferina per le piante che esprimono la luciferasi), viene normalmente utilizzata per studiare i geni. Infatti, diventa così possibile capire dove e quando (e magari, il come) quel gene d’interesse si esprime. In pratica, è un modo semplice ed elegante per vedere i geni in azione. E così, per distinguere i geni che vogliamo studiare da tutti gli altri – che non interessano – si fa in modo che “facciano luce“, letteralmente.

Tempo fa, un gruppo italiano (CRA per la floricoltura di Sanremo) aveva realizzato qualcosa di simile: fiori fluorescenti (che emettono luce se colpiti da luce UV). D’altronde, da diversi anni esiste in commercio anche il pesce zebra fluorescente, Glofish ® (quindi, non emette luce di per sé, ma si colora se colpito da luce UV).
Tuttavia, l’idea lanciata su Kickstarter è profondamente innovativa (e rivoluzionaria). Non tanto dal punto di vista scientifico, quanto per il suo impatto sulla società.

Scientificamente, il problema da affrontare era il seguente: come far esprimere molta (tanta) proteina GFP, in modo che la luce emessa possa essere almeno visibile da chi acquisterà la pianta? (Se non proprio utilizzarla come lampada…). Il costrutto genico che hanno inventato sembra essere adatto allo scopo. In futuro, chissà, questo potrebbe davvero rivelarsi come il primo passo per realizzare “alberi-lampioni” in grado di illuminare le nostre strade senza elettricità (e quindi, a impatto zero). Ma l’impatto sulla società è ancora più interessante.

In primo luogo, perché sono stati utilizzati strumenti “aziendali” innovativi. I fondi sono stati raccolti online, su Kickstarter (tecnicamente, l’obiettivo del progetto non dovrebbe essere tanto quello di fare profitti, quanto quello di diffondere la cultura scientifica associata con la creazione di piante luminose).
Per realizzare le varie parti del progetto, il team ha “fatto rete” con altre spin-off di Singularity University: Genome Compiler (software di bio-informatica nato per la biologia sintetica – è poi possibile ordinare i geni realizzati a tavolino) e Cambrian Genomics (che ha sviluppato un metodo innovativo per produrre lunghe sequenze di DNA).

Negli USA, la vendita dei semi ha ottenuto l’Ok del Dipartimento di Agricoltura. Nella produzione delle piante bio-luminescenti, infatti, non sarà utilizzato l’Agrobatterio per trasferire il gene della GFP alla pianta, ma il metodo bio-balistico (il DNA è caricato su sferette metalliche che vengono letteralmente sparate sui tessuti da trasformare). L’impiego di un metodo “fisico” di trasferimento di DNA (e non basato su di un patogeno potenziale, come l’Agrobatterio)

Soprattutto, chi ha finanziato il progetto riceverà i semi contenenti il gene per la GFP, e potrà far crescere a casa una pianta-lampadina. Si tratta, a tutti gli effetti, di qualcosa che in certi ambienti verrebbe classificato come un organismo geneticamente modificato. Eppure, moltissime persone sono state disposte a partecipare (finanziariamente) al progetto.
L’idea della pianta-lampadina si inserisce appieno nella filosofia dei maker: l’autofabbricazione di oggetti e processi d’avanguardia. In pratica, “biology for the people”, poiché il progetto è sostanzialmente open-source e non profit. Volendo, è anche possibile acquistare un kit (in questo caso, basato sull’Agrobatterio) con tutti i componenti per realizzare da sé la pianta luminosa.

Le persone avranno il pieno controllo delle conoscenze e del know-how dietro a questo progetto. Come potrebbe, un progetto di biologia molecolare, essere più democratico?

Forse si tratta di un nuovo inizio per le biotecnologie verdi. Staremo a vedere.

LIBRI, LIBRI, LIBRI....